Con i dati dell’annuale convegno di analisi dei dati per il 2020 (Osservatori Politecnico di Milano per la Digital Innovation) facciamo oggi il punto della situazione per il contesto Big Data e Analytics nel contesto italiano ed internazionale.
L’emergenza sanitaria Il 2020 ha fatto registrare una frenata nel mercato della spesa e degli investimenti nel settore analytics, costringendo aziende ed organizzazioni a rivedere priorità e tempistiche.
La valorizzazione dei dati aziendali ha continuato e continua ad avere una rilevanza fondamentale, ma per tutte quelle aziende che si trovavano agli esordi dell’anno a doversi ancora organizzare per portare gli analytics nei propri processi interni, l’arrivo del COVID ha segnato una forte battuta di arresto.
Nel contesto nazionale, sono state soprattutto le PMI a subire il più forte rallentamento negli investimenti sul settore, mentre le grandi aziende che registravano processi già maturi e consolidati nella gestione degli analytics, hanno cominciato a raccogliere proprio nel corso dell’anno i vantaggi del precedente investimento.
Siamo dunque di fronte ad un gap che delinea un’evidente discontinuità nel mercato che andrà presumibilmente a riallinearsi nel corso dei prossimi mesi e soprattutto a valle della risoluzione della crisi sanitaria.
Qual è dunque la mappa reale in ambito Advanced Analytics nelle aziende italiane?
Ecco le cifre che ci riporta l’Osservatorio milanese:
"Il 42% delle grandi organizzazioni è definibile maturo in ambito Advanced Analytics, percentuale che sale al 60% tra le imprese con più di 1000 dipendenti. Di contro, il 12% delle grandi aziende rimane legato ad un approccio tradizionale di Business Intelligence."
In particolare vengono definite “mature” in termini di approccio all’ Advanced Analytics, solo le aziende che si trovano in una fase sperimentale o in una già data-driven, ovvero:
Insieme, le due categorie rappresentano il 42% del campione delle aziende italiane.
In tutte quelle realtà in cui i data analytics aziendali erano già stati oggetto d’investimento negli anni passati, è stato proprio il clima d’incertezza generato dal contesto pandemico e dall’instabilità dei mercati a far emergere dati e loro analisi aggregata come fonte primaria di riferimento nel processi decisionali.
Laddove dunque si era già registrata una spesa in risorse Data Science, questa è ulteriormente aumentata, segnando un passo importante nella costruzione di una sempre più solida cultura “data-driven”.
D’altra parte le PMI, principalmente guidate da logiche di Business Intelligence classiche, hanno puntato negli ultimi mesi sull’ottimizzazione dell’efficienza interna, mettendo da parte riflessioni sull’opportunità di passare a modelli più avanzati di analisi dei dati ed aumentando così di fatto un gap culturale che potrebbero non essere più in grado di colmare efficacemente in futuro.
La ricerca 2020 è stata condotta in collaborazione con l’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI con l’obiettivo d’indagare lo stato di maturità in ambito gestione e analisi dei dati nelle aziende dai 10 ai 249 dipendenti.
Il primo importante dato è che anche nelle realtà aziendali più piccole si è registrato un lieve aumento delle aziende che hanno deciso d’investire nei Data Analytics, passando da una quota del 58 al 62% sul panorama generale.
Per queste aziende è dunque cresciuta la consapevolezza del bisogno di valorizzare i dati aziendali e di farne il volano per l’aumento dell’efficienza interna e il perseguimento dei nuovi obiettivi aziendali.
Sono emerse tuttavia rilevanti evidenze in merito agli investimenti in corso: nel 2020, “una PMI su due dichiara di aver svolto investimenti in ambito analisi dei dati o prevede di svolgerli entro la fine dell’anno, mentre un ulteriore 8% ha visto i propri investimenti previsti bloccati dalla fase emergenziale. Le medie imprese registrano numeri più elevati (61%) e meno dell’1% ha bloccato del tutto gli investimenti a causa della pandemia. “
Il 22% dichiara che l’emergenza ha avuto dei effetti positivi in ambito valorizzazione dei dati: “per il 18% si è acquisita maggior consapevolezza sulla rilevanza del tema e per il restante 4%, laddove possibile, è stato chiesto ad alcune risorse interne di intensificare il proprio tempo dedicato alla gestione e analisi dei dati”.
La mappatura delle PMI in ambito data science potrebbe quindi essere ripartita con:
Guardando al modo in cui questi dati vengono utilizzati all’interno delle aziende ci rendiamo conto che ad oggi prevale nelle PMI italiane un approccio ancora “immaturo” alla data analysis: se infatti è vero che il 62% di esse in qualche modo utilizza dati per analisi, è anche vero che solo il 38% di esso va ad integrarli con i dati interni e solo il 28% acquista dati esterni per cui è evidente che l’investimento tecnologico è ancora ridotto, la base di dati ristretta e poco integrata.
La ricerca evidenzia come si tratti di limiti non dettati dal budget ma dalla mancanza decisionale, di commitment aziendale nel ritenere le iniziative di data analysis prioritarie e nella mancanza di profili tecnici (interni o esterni) competenti nel settore specifico.Ancora una volta, dunque, un gap più culturale che non economico o di ostacolo operativo.
Quali sono i dati che emergono dallo studio dei Big Data 2020? In che direzione si sono mosse le aziende italiane e quali obiettivi hanno cercato di perseguire?
Vediamoli per punti.
Abbiamo visto come il 2021 sia stato un anno caratterizzato dall’eterogeneità: consapevolezza e commitment diverso, investimenti diversi e bagaglio tecnologico culturale differente nelle realtà aziendali mappate dall’Osservatorio.
Se è vero che Analytics e Advanced Analytics hanno comunque registrato un incremento d’interesse ed in parte anche di utyilizzo, permane l’evidenza di un gap tecno-culturale che sembra rappresentare il vero ostacolo che ci frappone tra la corsa accellerata delle grandi aziende ad un approccio ormai sempre più Data Driven e l’atteggiamento ancora molto esplorativo delle piccole e medie imprese.
“Il contesto competitivo sempre più serrato e le conseguenze della crisi sanitaria rendono ancor più necessario basare le decisioni strategiche su dati di buona qualità e analizzati nel modo corretto, con un’attenzione crescente all’efficienza dei processi e alla personalizzazione della relazione con il cliente. Rinviare questa sfida è una scelta estremamente miope. “
Sembra proprio giunto allora il tempo dell’azione e terminato quello della procastinazione: i prossimi mesi ed anni ci daranno la risposta delle aziende italiane a questa forte sfida.
Credits immagine di copertina.
Infografiche fornite da Osservatori.net - Politecnico di Milano./p